E’ una commedia musicale nota per l’interpretazione di Ombretta Colli e le inconfondibili musiche di Giorgio Gaber. È la storia di Teolinda, donna in carriera delusa dal genere maschile, che rimpiange di non aver mai avuto un figlio. Un giorno ruberà la provetta n. 119 all’istituto di ricerche genetiche, riuscendo a diventare madre, ma scoprirà poi che il donatore è Osvaldo, un quarantenne rozzo, borioso, che vive ancora con la madre. La scoperta innescherà situazioni comiche, offrendo spunti di riflessione sul ruolo attuale della donna.
A dispetto del titolo, questa non è una commedia femminista. Adattata dalla pièce scritta negli anni ’80 da Iaia Fiastri, A che servono gli uomini è più attuale che mai, toccando un tema caro a molte donne sole: il desiderio di avere un figlio. Con leggerezza, ironia, equivoci e tante risate, la commedia racconta l’avventura di una donna determinata, che ritiene di poter vivere felicemente sola e che decide, prima che sia troppo tardi, di mettere al mondo un figlio, sfruttando le possibilità della fecondazione artificiale. Ma è proprio la gravidanza a mettere Teo – la protagonista interpretata dalla brava e spiritosa Nancy Brilli – di fronte alla sua solitudine e a mettere in discussione la sua visione del mondo.
Nata nella tradizione a me molto cara del teatro di Garinei & Giovannini, A che servono gli uomini sarà per me come un ritorno a casa, agli anni in cui muovevo i miei primi passi nel mondo dello spettacolo, sotto le ali leggere e musicali dello storico duo. Ed è anche un affettuoso omaggio a chi dopo di me è stata al loro fianco, e al grande musicista Giorgio Gaber, autore delle canzoni.
Diceva il grande Pietro Garinei che se Iaia Fiastri fosse nata in America sarebbe stata una Lillian Hellmann, o una Nora Ephron. In realtà qui da noi ha dovuto lottare per veder riconosciuto il suo reale valore, per vedere il suo nome al posto giusto. Da grande commediografa è stata capace di utilizzare la leggerezza come qualità fondamentale, come risposta alla crisi di cui tutti siamo testimoni, un modo talentuoso per trovare la forza di modificare la realtà. Un autore immenso come Calvino sosteneva nelle sue Lezioni americane che “La leggerezza si associa con la precisione e la determinazione, la vivacità e l’intelligenza sfuggono alla condanna della pesantezza”. Nulla può trovarmi più d’accordo. Fortunatamente non ho il complesso della ponderosità, piuttosto ho il mito dell’intelligente ironia, e ne vado continuamente in cerca per i miei spettacoli. Avevo 23 anni quando Iaia terminò questo testo, unico per il quale Giorgio Gaber abbia scritto le musiche, e mi ha continuato a chiedere, nel tempo, di portarlo in scena. Lo faccio ora.
Questa non è solo una commedia, è un atto d’amore.
Lina Wertmüller