L’atmosfera visiva e musicale del “Concerto napoletano” è assolutamente lirica, pronta a spezzarsi talvolta su ritmi e battiti popolari, come un percorso che arriva da lontano, e va fino all’origine, per tornare poi alla melodia, sia con le parole e i brani citati, sia con la musica. Così si passa dalla tammurriata popolare a quella del Gargano, più evocativa e sottile, e poi alla sola voce e chitarra; si arricchisce con gli altri suoni a corda, chitarre e violino, e con il piano, diventa classica, per rarefarsi con il suono lungo delle tastiere. Riprendono le percussioni, ma siamo in un clima più mosso, come il bolero o il begin degli anni cinquanta, per tornare all’improvviso ad una serenata di Pulcinella del settecento. Le canzoni più classiche, quelle conosciute e cantate in tutto il mondo, che hanno portato Napoli e la sua musica dovunque vi sia emozione e bellezza. Il tutto spezzato da qualche parola, qualche ricordo, una citazione di teatro o di un personaggio che con Napoli si identifica come il grande Eduardo.