I Fratelli Ficicchia fu scritto nel 1912 da Luigi Capuana scrittore, critico, letterario e giornalista italiano fra i più importanti del Verismo Italiano. Il teatro costituisce una presenza costante della sua affollata ed operosa officina letteraria. Vi si accampa, protagonista assoluto, l’universo femminile con le sue accese passioni e col suo spiccato sentire. Scorrendo la produzione teatrale di Capuana è possibile tracciare l’evoluzione di una poetica, delineare un percorso, talora accidentato, specchio fedele del periodo di crisi e di lento mutamento di gusto vissuto dalla letteratura italiana alla fine dell’Ottocento, dallo sfaldarsi degli ideali eroici del Risorgimento, all’affermazione del credo positivista agli albori del simbolismo e del decadentismo. Un percorso attraversato da un’ansia di sperimentazione che darà corpo ad una drammaturgia come terreno di applicazione sul teatro alla quale il Capuana affiderà gli esiti più maturi della sua riflessione critica, dall’elaborazione del verismo al suo superamento con l’approdo ad una sensibilità di tipo novecentesco.
La vicenda de “I fratelli Ficicchia” narra di un inquieto maestro di scuola elementare, Don ‘Nzulu, che cercherà di placare l’ira tra i fratelli Giovanni e Giacomo, nata a causa di un’eredità ripartita in modo ineguale con preferenza verso il primogenito. L’odio dei fratelli si tramanda ai rispettivi figli: Lisa e Peppino. Ma dietro quest’odio manifesto si cela il folle amore tra i due giovani, che li porterà a calpestare il loro orgoglio e la loro fierezza.