• Andato in scena il
  • 17 Agosto 2023

    ore 21:15

I Vicerè


tratto dal romanzo di Federico De Roberto
con Pippo Pattavina, Sebastiano Tringali
e con Rosario Minardi, Francesca Ferro, Rosario Marco Amato, Nadia De Luca, Giampaolo Romania, Francesco Maria Attardi, Elisa Franco, Pietro Barbaro, Giovanni Fontanarosa, Alessandra Falci, Giuseppe Parisi, Federica Breci, Diana D’Amico, Ruggero Rizzuti
regia Guglielmo Ferro

I Vicerè è un affresco stupefacente delle trasformazioni, degli inganni, degli equivoci, dei dolori, delle miserie, degli appuntamenti mancati e dei fallimenti, lungo due generazioni. La famiglia degli Uzeda attraversa la faglia più clamorosa della nostra gestazione nazionale, dal remoto baroque dei Borbone alla scellerata modernità piemuntés. Pubblicato nel 1894 a Catania, dopo un percorso travagliato e soffertissimo, segna, con l’insuccesso clamoroso, tutta la carriera di De Roberto. La trasposizione scenica – ricca, viva, dinamica, kolossal – riesce a conservarne la freschezza narrativa, l’umorismo nero, lo stupore dell’intreccio narrativo; costruendo uno spettacolo umano, presentissimo e vitale sia nelle scene corali che in quelle più intime. L’Io narrante è affidato al personaggio più strepitoso del romanzo: Don Blasco, “religioso per interesse, puttaniere, baro alle carte e nella vita, straripante di vizi, bulimico di cibo, vino, donne, tabacco e – soprattutto – di intelligenza e ironia”.

Siamo nell’Italia risorgimentale, nel periodo a cavallo tra le ultime luci del regno borbonico e la nascita dello Stato unitario. Precisamente ci troviamo in Sicilia, a Catania, e assistiamo a questo fondamentale momento evolutivo della storia italiana, attraverso le vicende che coinvolgono tre generazioni appartenenti alla famiglia Uzeda di Frascalanza, discendente dei Vicerè spagnoli da cui l’opera trae il titolo. La mente di Federico De Roberto, l’autore del romanzo da cui è stato partorito l’adattamento teatrale, ci immette in uno spaccato di vita sociale la cui narrazione si dipana attraverso dinamiche di potere, denaro e ipocrisia sociale. Al pari di Tomasi di Lampedusa per i contenuti e di Verga per il potente impianto narrativo naturalistico, i Vicerè risultano un ritratto realistico e agghiacciante di un’Italia meridionale conservatrice e reazionaria, attaccata allo status quo e intenzionata a perpetuare le disuguaglianze sociali tra le classi privilegiate e quelle subalterne, nonostante si proclamino gli ideali risorgimentali e gli ideali di libertà e democrazia. All’interno di un ambiente familiare anaffettivo e votato solo alla ricerca del potere, I Vicerè si possono considerare un capolavoro della narrativa verista, purtroppo ancora sottovalutato. Solo negli ultimi decenni la critica ha riconosciuto la potenza narrativa di una storia che ci narra il fallimento degli ideali risorgimentali, ci descrive un’occasione mancata per creare l’Italia, sintetizzata dalla frase riportata nel testo: “Ora che l’Italia è fatta, dobbiamo fare gli affari nostri…”. In sostanza, sono mutate le strutture politiche, ma di fatto tra regno borbonico e Stato nazionale, non è cambiata la mentalità arretrata, conservatrice, truffaldina e votata alle disuguaglianze sociali delle classi nobiliare preunitarie.