e con Carmela Buffa Calleo, Nadia De Luca, Rosario Marco Amato, Aldo Toscano, Turi Giordano, Giovanni Fontanarosa, Alessandra Falci, Maria Chiara Pappalardo, Marco Fontanarosa
regia Antonello Capodici
Sarebbe, tecnicamente, una tragedia che fa ridere; popolata da una serie di tipi mostruosi, dai nomi improbabili e che sono in qualche modo versioni moderne delle maschere della commedia dell’arte. Un canovaccio tipico, ambientato in una città del nostro meridione, che potrebbe essere Napoli, ma anche Catania.
E c’è in questo, tutto il genio di Peppino (spesso svilito per le note ragioni familiari e di critica) che amava le grandi maschere di Molière proprio perché nutrito da esso. Per dire: proprio dall’Arpagone molieriano sembra nato il taccagno appaltatore Gervasio Savastano; ossessionato dall’incubo della sfortuna.
La sua vita è divenuta una vera e propria eterna condanna perché vede ed immagina tragici segni ovunque, soprattutto nella gente che lo circonda in cui vede jettature. Il commendatore è talmente assillato che posiziona perfino le carte della sua scrivania in un certo modo. Guai a toccarle: perché la malasorte si potrebbe accanire sulla sua fortuna costruita con immensi sacrifici e su tutta la sua famiglia. Per questa ossessiva manìa sua moglie e sua figlia sono costrette a fare una vita infernale e i suoi stessi dipendenti ormai non sono più capaci di tollerarlo. Gervasio arriva al punto di licenziare un collaboratore solo per il sospetto che solo la sua presenza evochi eventi funesti. Solo un dipendente, il giovane Sammaria, pur essendo un neofita e quindi poco esperto, gode i suoi favori ma soltanto perché ha la gobba e quindi porta fortuna. Da questi fatti prendono vita le avventure esilaranti di Gervasio Savastano e di tutti coloro che lo circondano che fanno da cornice ad una trama divertentissima.
Inutile dire che di questo materiale, il grande Enrico Guarneri, genio sia del repertorio di Peppino che di quello di Molière, fa quello che vuole: dalla vertigine della nevrosi, allo sberleffo della farsa di genere. Uno spettacolo che si presenta come un’antologia della creatività comica, un monumento all’arte sublime del far ridere.